"Racconti popolari peuceti": le antiche fiabe molesi nella raccolta di Francesco Spilotros
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giovedì 28 aprile 2022
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di Ilaria Palumbo
Tante storie che ci raccontano una storia. Quella di una civiltà ormai quasi del tutto scomparsa, il cui ricordo nostalgico ci viene trasmesso dalle voci commosse di nonni e genitori anziani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Testimonianze di vita quotidiana e di saggezza popolare che era necessario salvare dall’oblio. Così nasce il volume “Racconti popolari Peuceti” di Francesco Spilotros, pubblicato a gennaio 2022: un insieme di racconti raccolti a Mola di Bari, tramandati da generazioni per via orale e ora finalmente trascritti, spesso traducendo dal dialetto e apportando modifiche e integrazioni alla parlata comune.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Un’antologia che attraversa luoghi, ripercorre strade e richiama alla mente personaggi locali e che, allo stesso tempo, com’è tipico del genere fiabesco, si ammanta di universalità e di un crudo realismo: generosità, coraggio, ma anche miseria e disperazione sono i protagonisti di queste storie. Una memoria del mondo dunque, il mondo del passato. Così “La mandorla mollesca”, fiaba che ha lo scopo di spiegare l’origine del toponimo “Mola”, narra le vicende dei due giovani innamorati Demofonte e Fillide. Dopo anni dalla partenza del suo sposo per la guerra, la disperata Fillide si uccide, ma presto, ispirando compassione agli dèi, viene trasformata in un albero di mandorlo sempre fiorito. Al suo ritorno, Demofonte piange ai piedi del mandorlo per molti giorni e molte notti, finendo per renderlo “molle”: l’albero d’ora in avanti produrrà la mandorla mollese. La leggenda vuole che quando i greci arrivarono nell’attuale territorio pugliese introdussero la coltivazione della mandorla mollese, rendendola famosa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Col tempo “La terra di molla” divenne solo “Molla” e infine “Mola”. Una spiegazione che poteva soddisfare la curiosità e dare delle risposte a quelle domande che i nostri nonni si ponevano e che, col tempo, sono diventate semplici aneddoti o espedienti narrativi di molti canti popolari che ancora oggi riecheggiano tra i vicoli del paese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
All’interno del volume, a storie dai toni più pacati si affiancano scene di brutalità e prepotenza, in cui parolacce e linguaggio scurrile sono elementi che non solo non disturbano, ma risultano quasi necessari all’interno di queste fiabe, come ad esempio “la merda” che diventa l’eredità lasciata da una vecchia signora ai suoi avidi figli. E nonostante molti dei racconti siano stati addolciti e “ripuliti” dalle scene più violente e troppo intense, sopravvivono racconti spesso truculenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E così “Mbà Tré cchêule”, narrato dalla voce di nonna Bina, di 92 anni, riporta la storia della bambina che, chiesta in prestito al suo vicino una padella per friggere, non rispetta la promessa fattagli di portargli na frèttelle. Mbà Tré cchêule, di fronte a tale sopruso, prende la piccola e la fa a pezzi, per venderne poi le carni in giro per il paese e, sul finire della storia, sarà proprio sua madre a comprarle. Certamente non una tranquilla favola della buonanotte per bambini, ma sicuramente un classico esempio di pittoresca narrazione folkloristica basata sulla relazione col cibo e sul difficile, allora come oggi, rapporto tra vicini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una storia in grado di ammonire e, spaventando, di insegnare ai bambini ad ubbidire e ad avere rispetto per il prossimo.
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